Tra la fine del sec.I a.C. e l’inizio del sec.II d.C., Chieti raggiunse la sua massima espansione; il centro abitato si estendeva su una superficie che andava dalla Civitella a via Arniense. In base a valutazioni approssimative, la popolazione fu stimata tra le 30.000 e le 60.000 unità. E’ ovvio che un tale numero di abitanti avesse dei problemi per l’approvvigionamento idrico: a tale scopo, nel sottosuolo di Chieti, fu creato un sistema di cisterne ad archi intercomunicanti e collegate da un insieme di gallerie. Queste ultime, a loro volta, possedevano pozzi di areazione regolarmente dislocati lungo il percorso.
Alcuni cunicoli sono con volta a botte in opus coementicium (calcestruzzo a getto) e pareti in opus incertum, con probabile funzione di trasportare l’acqua dalle cisterne in posizione più elevata a quelle poste a livelli inferiori, passando di ambiente in ambiente fino a 9 grandi conserve idriche comprese nel complesso dello stabilimento termale romano. Altri cunicoli, con volta a cappuccina (lastre laterizie poste a contrasto senza uso di malta) e pareti in opus terraceum, permettevano di raccogliere le acque sia dalla falda idrica collinare che da stillicidi perenni lungo tutto il percorso.
Si è potuto constatare che, sopra alle volte delle conserve idriche ipogee, vi erano degli impluvium – piattaforme impermeabili pavimentate in opus spicatum (mattoni di taglio disposti a spina di pesce) affioranti dal terreno – leggermente in pendenza verso dei trombini (fori a sezione circolare) praticati a distanze regolari in corrispondenza dei culmini delle volte sottostanti. In tal modo, si raccoglievano all’interno delle cisterne le acqua piovane e la neve disciolta.
E’ interessante notare che le acque piovane, destinate al solo uso potabile, venivano filtrate mediante tappi in carbonato di calcio così da arricchirle di sali minerali, diventando in tal modo idonee alle necessità dell’organismo. Il sistema di cunicoli e cisterne romani è giunto sino ai nostri giorni in parte intatto, tanto da dare vita ad una sorta di “Chieti sotterranea”.
Partendo dalla Civitella, il primo ipogeo romano di rilevanti dimensioni è quello situato al di sotto di un edificio compreso fra largo dei Carbonari e via G. Rossetti, di m.45 x 8,50, composto da sei camere a due a due affiancate e coperte da volte a botte. Si presume, dai fori visibili sulle volte e dalla impermeabilità delle pareti e del pavimento, che questi fossero ambienti a tenuta d’acqua.
Altre due cisterne sono una in via Ravizza, e l’altra in via Spaventa. I resti della prima sono affiancati alla chiesa di Ognissanti; originariamente aveva le dimensioni di m.6 x 3,52, mura in calcestruzzo spesse 50 cm. La seconda, quasi integra, si trova di fronte all’edificio delle Poste, e consiste di un ambiente di m.12 x 4; sulla sua volta sono visibili i trombini e, sulle pareti contrapposte, i cunicoli afferenti ed efferenti.
Il Cunicolo sottostante Palazzo de' Mayo
Al di sotto di Palazzo de' Mayo vi è µn'ampia galleria larga circa 2 e alta più di 4 metri con alle pareti un paramento in opus mixtum (fasce di opus reticulatum alternato a ricorsi di mattoni in triplice fila) e la volta in opus coementicium. Non si comprende ancora l'uso della galleria in esame: è stato supposto che venisse utilizzata per effettuare la manutenzione dei cunicoli sottostanti, ma non si esclude del tutto che servisse a trasportare merci ed acqua potabile nel centro abitato o come passaggio pedonale per le Terme romane ("via TECTA"). A pochi metri dall'ingresso, attraverso una botola, ci si immette in un cunicolo romano alto m.1,20 che prosegue in direzione quasi parallela con la galleria grande. Probabilmente tale cunicolo conduceva acqua dalle cisterne di Palazzo Sanità a quelle delle Terme romane oppure ad una fontana pubblica.
Il Cunicolo di Fonte Cannelli
Nell'epoca moderna, si continua a sfruttare sia le cisterne, sia i cunicoli in grado di captare l'acqua, e furono costruite nuove fonti funzionanti con i sistemi collaudati dai romani di raccolta e conservazione delle acque. Di queste fonti, alcune sono tuttora funzionanti, altre sono asciutte, altre ancora son andate perdute. Fra le attive vanno ricordate Fonte degli Uccelli, Fontanelle, Fonte Ricciuto, Fonte Vecchia, Fonte dei Cannelli, Fonte Grande. Sono ormai inattive, oppure sono scomparse, Fonte Pozzotello, Fonte Fogliazza, Fonte Nuova, Fonte del Pencio, Fonte Canale, Fonte Grande a Porta Pescara (o Fonte della Madonna dei Miracoli).
Il Cunicolo di Fonte Grande
Il cunicolo romano di Fonte Grande, con acque destinate alle sottostanti terme, alimenta attualmente l'omonima fonte pubblica, ubicata alla distanza di circa 20 metri dalle suddette alle Terme Romane. La sua lunghezza è di 120,50 mt., ed è costituito da pareti in mattoni a secco, mentre la volta è composta da lastre laterizie poste a contrasto (volte a cappuccina). Esso sfociava in tre ambienti, definiti bacini allacciatori, comunicanti tra loro attraverso due brevi canali. Secondo le notizie tramandateci dagli storici locali, G.De Chiara e V.Zecca, avrebbero avuto pareti alla base in calcestruzzo, in pietra a secco nella parte superiore, e sarebbero stati privi di volte in muratura. Il condotto ha pareti in mattoni rossastri; le lastre laterizie della volta sono di un colore molto simile a quello delle pareti, e talora tali murature sono rivestite da uno strato di carbonato di calcio che continua nei secoli a depositarsi. Ne sono testimoni gli stillicidi di notevole entità, i quali contribuiscono a mantenere la portata del canale pressoché costante. Al suo interno, il cunicolo presenta oggi una frana ostruttiva di ghiaia e detriti, dalla quale però continua ad effluire acqua. L'acqua di Fonte Grande, fino a 30 anni fa utilissima alle necessità domestiche, soprattutto nei periodi di massima siccità, perfettamente limpida e potabile,oggi non lo è più a causa dell'inquinamento determinato dall'urbanizzazione. La Fonte, costruita nel 1596, ha intersecato, abbassando il piano di calpestio, l'acquifero romano ed è sttualmente addossata ad un muraglione di via S.Francesco di Paola, ed una lapide ne ricorda il restauro, effettuato nel 1663 per volere di un Valignani.
La Cisterna sottostante la Biblioteca De Meis
La cisterna presso via Rossetti è situata vicino il complesso templare; realizzata in calcestruzzo, misura m.87×4,50 ed è composta da due grandi gallerie che si incontrano ad angolo retto; le volte, a botte, sono sostenute da pilastri addossati alle pareti. Sono da notare numerosi tombini, a conferma che l’ipogeo era adibito a conserva idrica. Le estremità delle gallerie, attualmente al di fuori del terreno in seguito al livellamento del piano stradale effettuato nell’immediato dopoguerra, sono visibili l’una in via Priscilla alla base della torre annessa alla Biblioteca, e l’altra in via dei Vezi.
La Cisterna sottostante l’ex Cinema Corso
La cisterna, in prossimità del Corso Marrucino ( l’antica via Ulpia ), è composta da due ambienti affiancati comunicanti tra loro per mezzo di dieci grandi arcate. Su ogni volta, del tipo a botte, sono presenti i fori per il passaggio delle acque piovane dall’impluvium. Questa cisterna presenta una planimetria di m.37,65 x 9 con un’altezza di circa 5 m strutturata in calcestruzzo, anche se il muro medio è realizzato in mattoni; in essa, alla fine dell’800, furono rinvenuti teste marmoree, capitelli, varie colonne, di cui una di grandi dimensioni, ed un frammento di lapide recante l’iscrizione: “SER ASIN… CELERI...”, riferita probabilmente al console Servio Asinio Celere, nipote di Pollione, vissuto nel sec.I d.C. Durante l’ultimo conflitto mondiale, fu utilizzato come rifugio antiaereo e per questo motivo fu costruita in quest’epoca una galleria di accesso, da noi riaperta nel marzo del 1997.
La Cisterna sottostante la Banca d’Italia
Di tale cisterna è visitabile oggi soltanto una parte sottostante il palazzo del Governo: gli ambienti un tempo ricettacolo di putridi acquitrini e ambiente ideale per ratti e quant’altro. Tali ambienti, invasi da acque in epoche passate, servivano in concomitanza con altre, a garantire il fabbisogno idrico della città» non a caso alla vicina Piazza Valignani viene attribuito il nomignolo de “Lu Pozz'” (Il Pozzo), testimonianza di un sicuro punto di raccolta di acqua.
La galleria sottostante Porta Pescara
Non si ha la certezza che nel periodo medioevale siano stati creati manufatti per la captazione delle acque. In tale epoca si presume che l'antico sistema romano abbia continuato a funzionare, anche se non più nella sua globalità ma a tratti. L'abbandono ne favorì così una parziale ostruzione, nonché la perdita delle conoscenze inerenti il suo funzionamento. Presso Porta Pescara, attraverso un vano (sormontato da arco a sesto acuto) praticato in un muro di contenimento, si accede in un camerone a volta carenata. Da tale ambiente si penetra in un dedalo di cunicoli e gallerie, una delle quali, molto alta e larga, è rivestita da pareti e volte in mattoni; tali manufatti sono stati eretti alla fine del 1800. Nei pressi sorgeva la "Fonte Grande a Porta Pescara" restaurata sicuramente nel 1451. Percorrendo tale galleria, essa si biforca e prosegue nell'arenaria della collina, creando così una galleria soggetta a continue frane, causate fra l'altro da continue infiltrazioni di acque. Recentemente infatti una frana ha distrutto l'ingresso che si vede nella foto facendo crollare gli edifici sovrastanti e parte di una stradina che li collegava. Tale episodio, fortunatamente senza vittime, dimostra ulteriormente la necessità ¤i un opera costante di manutenzione della Chieti sotterranea. Due nuove esplorazioni hanno portato ad una conoscenza dell'intero sistema e dalla sua ubicazione rispetto ai fabbricati sovrastanti.